(VIDEO) “La notte dei pastori curiosi”, il Natale raccontato ai bambini dal vescovo Torriani

Una fiaba di luce, stupore e cammino: il messaggio natalizio ai più piccoli diventa un invito a non avere paura della speranza

A cura di Redazione
23 dicembre 2025 14:25
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CROTONE – È una lettera-fiaba delicata e profonda quella che il vescovo di Crotone-Santa Severina monsignor Alberto Torriani ha voluto dedicare ai bambini per il Natale 2025. Si intitola “La notte dei pastori curiosi” ed è un racconto che parla il linguaggio dell’immaginazione per trasmettere, con semplicità, il cuore del messaggio cristiano del Natale: mettersi in cammino, ascoltare, non spegnere lo stupore.

La storia si apre su una collina, tra sassi lucidi, erba corta e pastori che vegliano nella notte. Tra loro ci sono Aurelio, il più curioso, e Lia, capace di ascoltare anche i silenzi. È una notte come tante, fatta di attesa e di noia, finché qualcosa cambia: una luce gentile, una musica sottile, un canto che rompe l’abitudine. Non promette ricchezze né potere, ma strada. Ed è proprio questa la chiave del racconto: il coraggio di alzarsi e andare, anche quando sembra imprudente.

I pastori si mettono in cammino verso Betlemme “senza indugio”, tra dubbi, prese in giro e timori. I loro passi, inizialmente timidi, diventano corsa. Arrivano così a una stalla semplice, senza clamori, dove trovano Maria, Giuseppe e un Bambino che non piange ma guarda, e in quello sguardo scoprono una gioia che scioglie le paure. Non hanno doni straordinari, solo il poco che sono. Ed è sufficiente.

Nel racconto emerge uno dei messaggi più forti affidati ai bambini: la gioia vera non diminuisce quando si condivide, ma si moltiplica. Come il pane spezzato nella bisaccia dei pastori, che nutre più del previsto quando viene donato con fiducia. Da quell’incontro nulla, all’esterno, sembra cambiato: la collina è la stessa, le pecore sono le stesse. Ma i pastori non sono più uguali. I loro passi sono diversi, il loro modo di parlare e di cantare è cambiato. Hanno imparato che vegliare non è solo restare svegli, ma restare pronti.

Nella parte finale della lettera, il vescovo entra direttamente in dialogo con bambine e bambini, invitandoli a sentirsi parte della fiaba. La luce del Natale, scrive, continua a cercare qualcuno che veglia, che prepara una tavola o sistema un pensiero nel cuore. Non serve essere grandi o forti: “il poco che sei è già un dono grande”. Anche la stanchezza non è un ostacolo, perché la speranza non è un elenco di cose da fare, ma uno zaino leggero che rende pronti a offrire tutto.

C’è spazio anche per un incoraggiamento prezioso: non spegnere la curiosità, non temere di sembrare ingenui. Chi spera, ricorda Torriani, ha sempre “un po’ d’aria di bambino”, e proprio lì nasce una sapienza che non fa rumore. Una sapienza che abita le stalle semplici, i cuori pronti, le notti più buie.

La fiaba si chiude, ma il cammino continua. La luce sa aspettare, gli angeli sanno sussurrare e i pastori curiosi – coraggiosi e un po’ visionari – ci sono ancora. Spesso, suggerisce il vescovo, hanno il volto di chi legge.

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