Scuola in trasformazione: l’intelligenza artificiale tra sfide e strumenti degli insegnanti di Crotone (sondaggio)
Tra esperienza, stile di scrittura e conoscenza diretta degli alunni, i docenti spiegano perché è difficile “ingannarli”: «Il lavoro deve sempre rispecchiare il potenziale del ragazzo»
Per capire come l’intelligenza artificiale stia cambiando il modo di studiare e insegnare, abbiamo raccolto alcune testimonianze anonime da docenti di scuole medie e superiori di Crotone. Le loro risposte offrono uno spaccato autentico di ciò che accade quotidianamente nelle classi: timori, possibilità, strumenti nuovi e qualche vecchia certezza che resiste. I virgolettati che seguono riportano fedelmente ciò che gli insegnanti hanno detto.
Il primo insegnante intervistato parte da un punto: la conoscenza diretta dei propri studenti. Spiega infatti che, al di là della tecnologia, l’occhio dell’insegnante resta fondamentale per riconoscere un compito “sospetto”. Dice: “Conosco i miei ragazzi. Se uno di loro si esprime in un certo modo e ha un certo rendimento, non può improvvisamente portarmi un compito da dieci: me ne accorgo subito. Allo stesso modo, dal loro modo di scrivere capisco se hanno copiato, e questo vale non solo per l’intelligenza artificiale, ma in generale. Il lavoro deve sempre rispecchiare il valore e il potenziale del ragazzo. Uno studente di prima superiore non può consegnarmi un elaborato di livello universitario. Per questo, se hanno copiato, lo noto osservando l’andamento generale dello studente”.
Riflettendo poi sulle possibilità dell’intelligenza artificiale nella didattica, aggiunge che può essere utile, ma con misura: “L’intelligenza artificiale può servire in classe per stilare testi di valutazione o per creare lavori multimediali. Noi la utilizziamo poco, ma per lavori didattici, mappe concettuali o per supportare ragazzi con dislessia o discalculia. Sono stati organizzati anche corsi che ci hanno spiegato i limiti dell’IA e la politica delle fonti: l’obiettivo è un uso consapevole”.
Conclude con una considerazione pratica: per alcuni aspetti l’IA fa risparmiare tempo, ma è sempre fondamentale la guida dell’adulto. “Le didattiche alternative o altri software possono aiutare. L’intelligenza artificiale, se utilizzata con una guida, è uno strumento in più. Se invece viene lasciata libera ai ragazzi, sicuramente non è un vantaggio. Ci permette di ridurre i tempi in alcune attività, come la creazione delle mappe concettuali, e posso dedicarmi ad altro. I classici possono essere studiati anche con l’IA per schemi o mappe, è un supporto utile per chi ha difficoltà. Dipende tutto dall’uso che se ne fa: può servire per studiare, oppure per fare i furbi”.
___Un altro insegnante, con una visione più tradizionale, racconta che non servono grandi strumenti per capire quando un testo è stato generato dall’IA. Per lui il problema è soprattutto lo stile ripetitivo. Spiega infatti: “Me ne accorgo perché la costruzione delle frasi, il lessico e le argomentazioni sono poco personali e li ritrovo uguali in più elaborati”.
Quanto al suo metodo di lavoro, resta fedele agli strumenti classici: “Io non ricorro all’IA, salvo usare manuali ed enciclopedie in biblioteca per provare a rendere i ragazzi più curiosi. Io mi trovo bene sui manuali e sui testi”.
Ci racconta anche un cambiamento interessante alle verifiche: “I telefoni vengono depositati e le verifiche sono state talmente semplificate che resta solo l’amabile tema. Purtroppo anche la scrittura è sempre più arida e si fonda su frasi fatte”.
Il suo giudizio complessivo resta prudente: “Può essere uno strumento molto utile, ma la sua gestione e il suo equilibrio devono essere regolamentati. Io non la integrerei. I classici e i testi non possono essere paragonati alla fredda ed asettica IA”.
___Un terzo docente ha invece un approccio più aperto, quasi sperimentale. Descrive con naturalezza i metodi che usa per accorgersi dell’IA nei compiti: “Esistono software che permettono di riconoscere quando viene utilizzata l’IA, ma a volte non basta. Io mi affido anche all’istinto e all’esperienza, cogliendo elementi particolarmente ‘perfetti’”.
Riguardo al ruolo dell’IA nella scuola contemporanea, la vede come una fase evolutiva inevitabile: “Siamo in una fase di transizione e, come è accaduto con l’arrivo di internet, dobbiamo adeguarci. L’IA può essere utile nelle ricerche per gli approfondimenti o nella simulazione di personaggi storici. È fondamentale però fornire prompt adeguati: dobbiamo lavorare su questo. Non possiamo ignorare l’IA ma dobbiamo regolamentarla per stimolare un uso consapevole”.
Racconta anche come già la integra nelle sue attività: “Stimolo i ragazzi a usarla per ricerche, simulazioni e altro. Non è facile verificare se la usano per i compiti a casa. In classe, da quest’anno, l’uso del cellulare è vietato in tutte le scuole secondarie, quindi non possono usarla”.
E riflette su creatività e scuola con un giudizio equilibrato: “Tutto dipende dall’uso che se ne fa. L’utilizzo consapevole può guidare verso la creatività, non limitarla. Il vantaggio è anche quello di porre la scuola in un orizzonte reale: la tecnologia sta andando in una direzione precisa e non possiamo ignorarla. Dobbiamo studiare questi strumenti”.
La sua posizione sui classici è tra le più aperte del sondaggio: “I classici resteranno sempre classici, e studiarli con l’IA non toglie nulla alla loro valenza. Anzi, se l’IA ci dà l’occasione di studiare Platone, ben venga”.
____C’è poi chi mantiene un atteggiamento più cauto e racconta di non essere ancora pienamente aggiornata sui nuovi strumenti. Dice infatti: “Non ho scritti, ma una collega ieri diceva che usa un rilevatore antiplagio. Su questo sono poco informata”.
Sull’IA in generale il giudizio è complesso: può essere utile, ma non è infallibile. “Come ogni strumento può essere utile, ma bisogna saperlo usare. Può offrire spunti tematici, ma non bisogna prendere per vero tutto ciò che suggerisce: spesso ci sono errori. Non possiamo sostituire tutte le fonti con l’IA”.
Sul piano personale afferma: “Uso ancora i libri, sia cartacei che digitali”.
Quanto ai dispositivi in classe, invita a non demonizzarli: “Il cellulare può essere utile anche per fini didattici, non demonizziamo il progresso: serve equilibrio”.
La criticità più grande riguarda il pensiero critico: “Favorisce la creatività, ma non il pensiero critico, che richiede letture lunghe e rielaborazione personale”.
E chiude con una riflessione equilibrata: “Il vantaggio è quello di velocizzare la trasmissione delle informazioni; lo svantaggio è che allontana i ragazzi dallo studio personale e consapevole. Tutto può essere integrato con l’IA, ma leggere Platone sul testo cartaceo ha un altro impatto emotivo”.
__Infine, un’ultima insegnante si dice ancora distante da questi strumenti e preferisce la continuità con il passato. Spiega: “Per ora non la utilizziamo. L’IA può servire, ma il libro di testo rimane un punto di riferimento”.
Anche per lei i metodi tradizionali restano centrali: “Ho preso atto dello strumento, ma continuo a usare metodi tradizionali”.
Avverte però che le nuove tecnologie rendono difficile il controllo durante le verifiche: “Hanno dispositivi minuscoli collegati a internet”.
A livello educativo osserva un rischio chiaro: “Riduce notevolmente l’approccio creativo”.
E sintetizza così vantaggi e svantaggi: “Ci sono più svantaggi nella creatività e più vantaggi nelle fasi progettuali. Io resto sul libro di testo”.
Dalla somma delle testimonianze emerge una scuola crotonese in trasformazione, dove l’intelligenza artificiale non è ancora protagonista assoluta, ma nemmeno un ospite sconosciuto. Ogni insegnante la affronta con i propri strumenti, il proprio stile e le proprie convinzioni