Rissa tra adolescenti a Rossano, l'allarme di Rita Tulelli
La criminologa: «Violenza come linguaggio identitario. Serve un’educazione emotiva e digitale per ricostruire il tessuto educativo»

Corigliano-Rossano - «L’episodio verificatosi in via Nazionale a Rossano, frazione di Corigliano-Rossano (CS), dove due adolescenti si sono affrontate violentemente tra urla e spintoni sotto gli occhi di numerosi passanti, rappresenta un segnale allarmante di un disagio giovanile che si manifesta sempre più spesso in forme di conflittualità pubblica e spettacolarizzata». A scriverlo in una nota è l'Avvocato e Criminologa Rita Tulelli. «La circostanza che la rissa sia avvenuta in pieno giorno, davanti ai negozi ancora aperti, e che alcuni presenti abbiano filmato la scena con il cellulare, diffondendo poi i video online, aggiunge un ulteriore elemento di riflessione sulla trasformazione dei comportamenti sociali in epoca digitale. Da un punto di vista giuridico, simili episodi richiamano l’attenzione sull’importanza della responsabilità personale e genitoriale, non solo sotto il profilo delle conseguenze legali, ma soprattutto per quanto riguarda l’educazione alla consapevolezza delle proprie azioni. Quando protagonisti di episodi di violenza sono soggetti minorenni, il sistema di giustizia minorile pone infatti l’accento sulla rieducazione e sul recupero, cercando di comprendere le cause che hanno portato a quel comportamento, più che di limitarvisi attraverso la sola sanzione. Sotto il profilo criminologico, la scena avvenuta a Rossano evidenzia un fenomeno ormai diffuso: la tendenza degli adolescenti a vivere il conflitto come occasione di visibilità. La violenza, soprattutto se filmata e condivisa, diventa strumento di autoaffermazione, linguaggio identitario e mezzo di riconoscimento sociale.
In un contesto dove l’immagine e l’apparenza hanno sostituito spesso la sostanza, l’atto aggressivo diventa un modo per “esistere” agli occhi degli altri, per sentirsi parte di un gruppo, per ottenere consenso o semplicemente attenzione. Questo atteggiamento si radica in un disagio più profondo, che affonda le sue radici nella fragilità dei modelli educativi contemporanei. Gli adolescenti di oggi vivono in un equilibrio precario tra eccesso di libertà e carenza di guida, tra sovraesposizione digitale e scarsa educazione emotiva. Mancano, in molti casi, strumenti per gestire la rabbia, la frustrazione, la competizione e le delusioni relazionali. La famiglia e la scuola, che un tempo costituivano presidi educativi solidi e complementari, appaiono spesso indebolite nel loro ruolo di contenimento e di orientamento, lasciando i giovani esposti all’influenza dei modelli virtuali e all’illusione di una realtà in cui tutto è lecito e nulla ha conseguenze. È necessario allora che la comunità tutta genitori, insegnanti, istituzioni e media si assuma la responsabilità di ricostruire un tessuto educativo fondato sul rispetto, sulla comunicazione e sulla capacità di gestire i conflitti in modo non violento. L’educazione affettiva e relazionale, insieme a una formazione più consapevole all’uso dei social network, rappresenta una priorità imprescindibile. Occorre insegnare ai giovani che la forza non risiede nell’imporre la propria volontà, ma nel saper controllare le proprie emozioni e comprendere quelle altrui. L’episodio di Rossano, dunque, non è un fatto isolato di cronaca, ma un campanello d’allarme che ci invita a riflettere su una generazione che spesso si esprime attraverso la rabbia perché non trova altri canali per comunicare il proprio disagio. Dietro ogni gesto impulsivo e ogni atto di violenza si nasconde una richiesta di attenzione, un bisogno di riconoscimento e di ascolto. Solo restituendo ai giovani adulti di domani la capacità di comprendere se stessi e gli altri, potremo sperare in una società meno ostile, più empatica e capace di ricomporre i conflitti con la forza del dialogo, non della sopraffazione».