Pasolini e la profezia su Cutro: il poeta dei calanchi, 50 anni dopo
La città celebra il legame con l’intellettuale che raccontò la Calabria autentica
                                                    Cinquant’anni dopo la sua scomparsa, Cutro ricorda Pier Paolo Pasolini e il profondo legame che lo unì al territorio calabrese. I calanchi del Marchesato, le “dune gialle” che tanto lo colpirono, tornano protagonisti di una giornata di studi e memoria promossa dal Centro Studi e Ricerche “Diego Taiani”, dal titolo “Pasolini e la profezia su Cutro”.
Il convegno ha voluto rendere omaggio al poeta, scrittore e regista come osservatore lucido e visionario della società italiana e dei luoghi che attraversava. La scelta di Cutro non è casuale: qui, tra i calanchi, Pasolini girò alcune delle scene più intense del suo Vangelo secondo Matteo, coinvolgendo come attori non professionisti molti abitanti del posto. Da quel legame nasce oggi anche la proposta di intitolare a Pasolini il Belvedere sui Calanchi.
Durante l’incontro sono intervenuti in videocollegamento Mario Caligiuri, docente dell’Università della Calabria, e il regista Mimmo Calopresti, autore del docufilm Cutro Calabria Italia, recentemente premiato con i Nastri d’Argento 2025.
«Il suo arrivo a Cutro – ha ricordato Carlo Fanelli, docente Unical – è legato a un reportage realizzato per la rivista Successo nel 1959. Percorse in macchina quella che lui definì romanticamente la lunga strada di sabbia, da Ventimiglia fino alla Sicilia, raccontando il Paese reale, quello lontano dai riflettori. A Cutro trovò una terra aspra e viva, segnata dalle “dune gialle” e da un’umanità autentica. La definì terra dei banditi, non in senso dispregiativo, ma per indicare coloro che la società aveva messo ai margini: gli emigranti, i borgatari, gli ultimi».
Tra le testimonianze più sentite, quella di Luigi Chiellino, ex sindaco di Cutro, che da ragazzo ebbe modo di conoscere Pasolini. «Ricordo che visitò il paese quartiere per quartiere – ha raccontato – e rimase colpito da una via che ancora oggi si chiama via Lunga, perché ogni metro aveva una porta. Pasolini era innamorato di Cutro e del suo comprensorio».
A sottolineare l’attualità del suo pensiero è stato Maurizio Mesoraca, presidente del Centro Studi “Diego Taiani”: «Pasolini ha combattuto contro il consumismo, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e contro l’indifferenza verso gli ultimi. Oggi che domina la logica del denaro e del potere, sarebbe ancora un intellettuale scomodo, capace di dire la verità e di richiamarci all’impegno e alla resistenza morale».
A chiudere l’incontro, l’attore Carlo Gallo, che ha voluto ricordare la portata universale della sua eredità: «Pasolini resta attuale non solo per chi fa l’attore o il regista, ma per chiunque creda nella forza della cultura e della libertà di pensiero. La sua mancanza si sente ancora, oggi più che mai».