Perchè il 10 febbraio "Giorno del ricordo" è una celebrazione che divide?
La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia...

“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
La data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, furono firmati i trattati di pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia, in precedenza facenti parte dell’Italia.
La domanda però è un’altra: perchè a quasi vent’anni dall’istituzione di questa celebrazione il 10 febbraio rimane una data che divide, invece di contribuire alla creazione di una memoria condivisa?
E probabilmente, come capita spesso, la risposta è contenuta nella domanda. Il problema è proprio l’assenza di una memoria condivisa in questa nazione che dal secondo dopoguerra in poi non è mai riuscita a mettere in atto un reale processo di pacificazione. La fine della seconda guerra mondiale, che in Italia ha significato anche la fine di una guerra civile mai riconosciuta come tale, ha dato inizio ad uno scontro politico infinito. E quando la politica si intromette nei processi storici diventa tutto più complicato.
Anche il 25 aprile ha subito, forse anche peggio del 10 febbraio, una sorta simile, una data in cui celebrare la fine di una guerra e festeggiare la pace, è stata trasformata in una celebrazione di una parte sull’altra, in un continuo scontro ideologico che non lascia sul terreno ne vinti ne vincitori.
E così è iniziata la guerra tra le celebrazioni e chi canta il 25 aprile nega il 10 febbraio e chi celebra il 10 febbraio, il 25 aprile si limita a dare gli auguri a chi si chiama Marco. Addirittura si fa a gara nel contare i morti, aumentando “i propri” e diminuendo quelli degli altri…
Un gioco al massacro che porterà una Nazione all’oblio, perchè un popolo che non ha una memoria comune non può definirsi tale.
Gianfranco Turino