Da sopravvissuta a operatrice antiviolenza. La storia di Francesca: «Il 25 novembre non basta per dire basta»

Crotone – Ci sono donne che ce l’hanno fatta, che sono riuscite a ricostruirsi e hanno deciso di aiutare. Francesca Zimatore è una di loro, «una sopravvissuta e una operatrice antiviolenza».Che signif...

A cura di Redazione
25 novembre 2024 09:02
Da sopravvissuta a operatrice antiviolenza. La storia di Francesca: «Il 25 novembre non basta per dire basta» -
Condividi

Crotone – Ci sono donne che ce l’hanno fatta, che sono riuscite a ricostruirsi e hanno deciso di aiutare. Francesca Zimatore è una di loro, «una sopravvissuta e una operatrice antiviolenza».

Che significato ha per te il 25 novembre?
è un giorno che porta con sè corse affannose: è un’esplosione di testimonianze, manifestazioni, convegni, dibattiti, eventi pubblici. È indubbio sia un’occasione per dare grande visibilità al tema della violenza maschile contro le donne. È un’occasione per fare informazione, per fare crescere la consapevolezza tra i giovani della cultura patriarcale in cui sono immersi, per insegnare a riconoscere i segnali di pericolo, per accendere i riflettori sui servizi attivi e carenti, per accelerare l’avvento di iniziative, per divulgare i numeri e gli enti a cui ogni donna può rivolgersi per uscire da una situazione di violenza. Non è, dunque, un giorno soltanto fatto di retorica. Sono occasioni indubbiamente necessarie, e io le supporto sempre. Tuttavia, per chi lavora quotidianamente nel contrasto alla violenza di genere e per chi, come me, è anche sopravvissuta a tale violenza, il 25 novembre è un giorno surreale.

In che senso “surreale”?
Il 25 novembre è un giorno che ci unisce in un impegno comune ma, quando cala la sera, il silenzio mi piomba intorno. Tutto ritorna alla normalità. Questo è il momento surreale di tutto il mese di novembre: il 26 novembre. Il 26 novembre tutto torna nell’ombra e di tutto resta solo un’eco. A parte i dati dei femminicidi, che aumentano a un ritmo tragico, i riflettori si spengono. Il dress-code rosso si ripone nell’armadio. Il volume si abbassa. La rabbia collettiva diminuisce. Non c’è più la fretta smaniosa di inaugurare iniziative concrete, non si fa più qualcosa di realmente costruttivo per combattere ogni forma di violenza. Una volta superato il 25 novembre, riparlate di violenza solo quando essa si ripresenta sotto forma dell’ennesimo femminicidio. Vi indigniate, ma non vi preoccupate oggi di sapere chi potrebbe essere intorno a voi la prossima donna a essere uccisa, per provare a salvarla. Perché non prevenite la violenza ogni giorno con la stessa frenesia e audacia che vi pervade nelle manifestazioni del 25?

Quindi, cosa diresti a chi pensa che il 25 novembre sia sufficiente?
Io non sono mai stata picchiata il 25 novembre. La violenza che ho subito è avvenuta alla vigilia di Natale, quando tutto sembra più sereno, quando la percezione comune è che il mondo sia più accogliente. Le donne non sono vittime solo il 25 novembre quando tutti parlano di loro, ma nei restanti 364 giorni dell’anno quando nessuno più le vede. La violenza è una costante, un processo che dura, e che sfocia in atti tragici in ogni giorno dell’anno. Soprattutto, tra l’altro, nei giorni di festa. Il 25 novembre dovrebbe essere solo l’inizio di un impegno che non si esaurisce in una giornata o in un mese, ma deve continuare senza sosta. Io sono una sopravvissuta e sono una operatrice antiviolenza. Sono stata vittima di violenza per lunghissimi anni e oggi, con la cooperativa Kairos, lavoro per offrire supporto alle donne che riescono ad allontanarsi da situazioni di violenza prima che queste le conducano a un destino tragico. Ogni settimana, nel nostro housing “DaMe”, a Crotone, accogliamo donne che, finalmente, riescono a fare il primo passo verso la libertà. Nel 2025 la borsa di studio “Woomanity” che abbiamo instituito porterà tante donne vittime di violenza a riprendere in mano i propri sogni più belli. Ma nessuno di noi è sufficiente. La violenza che le donne ancora subiscono è responsabilità collettiva. Mi auguro che, una volta conclusi gli atti di sensibilizzazione e le manifestazioni pubbliche, non si spenga l’attenzione su di esse. Spero che, finito il 25 novembre, ognuna delle persone scese in piazza voglia vivere accanto a chi lotta ogni giorno per il diritto di vivere in sicurezza, per il diritto a una vita senza violenza, una vita libera e indipendente. Ci sono molte donne intorno a noi che stanno lottando. Vi aspetto tutti, per stare accanto a loro e lottare insieme.

Segui CalabriaOk