Il Comitato di Quartiere Tufolo-Farina: “Tra i 12 motivi del Tar, uno è gravissimo: via Israele è area di attesa di Protezione Civile”
Alloggi popolari in via Israele, il TAR decide sul ricorso del Comitato Tufolo-Farina

È stato notificato il ricorso al TAR Calabria contro la delibera di Giunta comunale che prevede la costruzione di 24 alloggi popolari in via Israele, nel quartiere Tufolo-Farina. L’azione legale, sostenuta da oltre 800 firme di residenti e curata dall'avvocato Antonello Irtuso, è stata illustrata nel pomeriggio presso la sede di FenImprese. Secondo il Comitato di Quartiere Tufolo-Farina, rappresentato dal presidente Alfonso Gaetano, l’intervento edilizio sarebbe in contrasto con le norme urbanistiche vigenti e con il piano comunale di emergenza di Protezione Civile.
«Ci saremmo aspettati almeno che il Comune ci avvisasse prima di avviare un’operazione di questo tipo», ha dichiarato Gaetano. «Abbiamo appreso della costruzione di palazzine popolari da notizie di stampa. I cittadini erano increduli, perché quell’area è sempre stata considerata verde pubblico. Dopo aver verificato il PRG con i nostri tecnici, abbiamo constatato che si tratta di un tessuto urbano già consolidato, dove l’articolo 50 delle norme tecniche di attuazione vieta qualsiasi nuova edificazione».
Il comitato, prosegue Gaetano, aveva richiesto trasparenza e confronto. «Abbiamo chiesto accesso agli atti già il 27 maggio, ma solo il 2 luglio abbiamo ricevuto una risposta parziale. Nonostante ciò, abbiamo sottoposto la documentazione agli Ordini professionali di ingegneri e architetti, che ci hanno dato ragione classificando l’area come verde pubblico. Abbiamo quindi chiesto al Comune di annullare in autotutela la delibera, ma l’amministrazione ha tirato dritto».
La raccolta firme e il sostegno economico della cittadinanza hanno reso possibile il ricorso. «Abbiamo raccolto 800 firme certificate e 229 persone hanno contribuito alle spese legali. Non è solo una protesta, ma una proposta di partecipazione. Avevamo chiesto un patto di comunità con Comune, associazioni e ordini professionali per discutere insieme lo sviluppo del quartiere, ma la risposta è stata la costruzione di nuovi palazzi».
Uno dei punti più delicati, sottolinea Gaetano, riguarda la sicurezza: «Via Israele è indicata nel Piano comunale di emergenza come area di attesa della Protezione Civile, cioè uno spazio dove i cittadini devono radunarsi in caso di calamità. Nel quartiere Farina queste aree sono pochissime. Costruire lì significa cancellare un punto di sicurezza essenziale».
Sul piano tecnico-legale, l’avvocato Antonello Irtuso ha spiegato la struttura del ricorso. «Abbiamo impugnato la delibera di giunta del 10 luglio che approva il documento di indirizzo alla progettazione. È il primo atto di una procedura che avrebbe dovuto proseguire con il progetto di fattibilità e poi con la gara d’appalto. La giunta, scegliendo di localizzare le nuove costruzioni in via Israele, ha di fatto esercitato un potere che spetta al Consiglio comunale, trattandosi di una variante al piano regolatore».
Secondo Irtuso, la delibera presenta ulteriori criticità. «L’area scelta ha tutt’altra destinazione urbanistica e rientra in una zona strategica per la Protezione Civile. Inoltre, mancano analisi fondamentali: il documento non contiene uno studio del fabbisogno abitativo, non cita gli strumenti urbanistici vigenti, non definisce la destinazione dell’area né i parametri energetici o prestazionali. È un atto lacunoso e, a nostro avviso, illegittimo».
A fare chiarezza sull’origine dei fondi è intervenuto l’avvocato Giuseppe Trocino, che ha posto l’attenzione sull’aspetto finanziario e politico dell’operazione. «Occorre capire da dove arrivano i 5 milioni di euro destinati a via Israele. Queste risorse fanno parte del programma Agenda Urbana dei fondi POR 2014-2020 e in origine erano destinate al quartiere Fondo Gesù, dove erano previsti interventi di ristrutturazione e riqualificazione. L’amministrazione ha invece deciso di rimodulare i piani, cancellando i progetti di Fondo Gesù e spostando i fondi a Tufolo-Farina».
Trocino parla di una rimodulazione irregolare. «Questa modifica sostanziale non è mai passata dal Consiglio comunale, che avrebbe dovuto approvare l’aggiornamento del piano triennale dei lavori pubblici. È un atto di competenza consiliare, non di giunta. Inoltre, l’amministrazione ha dichiarato di possedere diritti su un’area che in realtà non controlla, perché il diritto di superficie appartiene a un soggetto terzo, il Consorzio Laboratori. È grave che si sia fatto intendere alla Regione Calabria di avere titoli che non esistono».
Infine, l’avvocato ha denunciato la mancata comunicazione tra gli uffici comunali. «L’ufficio Urbanistica non ha coordinato le verifiche con la Protezione Civile, che avrebbe dovuto segnalare la presenza dell’area di attesa. Il piano comunale di emergenza risale al 2016 e non rispecchia più la realtà urbanistica del quartiere. Oggi il rischio è che in caso di calamità la popolazione non abbia aree sicure dove radunarsi. È un fatto gravissimo, che dovrebbe far riflettere tutti».
Il Comitato Tufolo-Farina ha annunciato che informerà costantemente i cittadini sull’evoluzione del procedimento davanti al Tribunale Amministrativo Regionale, cui ora spetta la decisione finale sulla legittimità del progetto in via Israele.