Cutro, un ricordo ancora vivo: Sara Zanin racconta il dolore e la sperza

Lo sbarco di migranti di Cutro è avvenuto il 26 febbraio 2023, quando un barcone con a bordo circa 500 persone è naufragato al largo della costa calabrese, causando la morte di almeno 94 persone, tra...

A cura di Redazione
16 ottobre 2023 12:00
Cutro, un ricordo ancora vivo: Sara Zanin racconta il dolore e la sperza -
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Lo sbarco di migranti di Cutro è avvenuto il 26 febbraio 2023, quando un barcone con a bordo circa 500 persone è naufragato al largo della costa calabrese, causando la morte di almeno 94 persone, tra cui 35 minori. Si tratta di una delle peggiori tragedie del Mediterraneo degli ultimi anni, che ha scosso l’opinione pubblica e sollevato polemiche sulla gestione. Interessata è stata la spiaggia di Steccato di Cutro che ha portato il territorio ad essere attenzionato per una triste vicenda.

Questa estate quei moment “tristi” che rimarranno a lungo nel cuore e nella mente della gente ha fatto registrare l’omaggio dell’artista Sara Zanin, che ha voluto dare voce ancora una volta a questo dramma attraverso alcune creazioni poste sulla spiagga di Capo Rizzuto ed in particolare attraverso produzione di un videoclip emozionale, “Ignoto Noto”. A parlarci di questo è la stessa artista.

Come nasce il legame con la terra di Calabria e con il crotonese? Qual è stata la sua esperienza in questi luoghi?

«Ho conosciuto la Calabria grazie all’amore, amare un calabrese è amare la Calabria, si crea una sorta di dipendenza. Quando arrivo in Calabria, superata la prima fase di sorpresa per una terra tanto bella quanto abbandonata, mi sento la testa e il corpo ad uno status naturale, di libertà. Quest’esperienza, che vivo in una striscia di terra a me ormai preziosa e indispensabile, è divenuta l’immagine di “benessere” e di rifugio. Il legame che ho da 5 anni con la Calabria lo sento forte, sia quando ci cammino dentro, che quando nasce in me il bisogno di tornarci, di abbandonarmi al suo cielo che sposa il mare».

Il dramma del naufragio dei migranti ha fatto conoscere il Crotonese nel mondo. Da spettatrice quali sono state le emozioni provate nell’apprendere di questa triste vicenda?

«Spettatrice descrive perfettamente la sensazione di quel giorno. Anche quando è capitato di avere notizie delle tragiche vicende accadute in altri luoghi mi sono sentita spettatrice, ma per le vittime di Steccato di Cutro ho avuto un trasporto diverso, e in quell’istante la rassegnazione di chi sta solo a guardare è stata spazzata via dalla volontà di difendere il mare, che crudele non è. Sentivo di voler dare giustizia a questa fetta di terra, e alla sua comunità, che è speranza per i migranti, me compresa».

Quando è nata l’idea di dare vita ad un’opera che raccontasse, o meglio, rendesse l’idea allo spettatore di questa sofferenza dei migranti?

«L’idea di voler dare vita a “Ignoto noto” è stato un bisogno, quello di difendere la speranza, per me l’unica guerra da combattere sempre. La Calabria mi ha fatto riprovare la sensazione di libertà che avevo dimenticato, e vedere che proprio qui, uomini e donne che ne hanno davvero bisogno l’hanno persa, mi ferisce profondamente, mi fa arrabbiare».

Come vive, a distanza, la terra di Calabria e il crotonese? Che idea c’è di Crotone in altre zone d’Italia?

«È difficile rispondere a questa domanda per me che vengo dal Veneto. La Calabria è sempre rimasta un mistero, raramente citata se non per vicende malavitose. Non penso esista un’idea vera della Calabria, è come se fosse una “terra muta”, una musa senza canto. La riesci a comprendere solo se la tocchi con le mani e gli occhi, perchè racchiude in sé una complicata convivenza tra concetti e paesaggi modellati dalla storia e dall’abuso edilizio. È assurdo e affascinante passare da “la colonna” di Capocolonna, testimonianza della Magna Graecia, alla decadente incompiutezza che si vive guardando gli edifici, per poi passare ai paesaggi lunari dei Calanchi del Marchesato, luogo dove Pasolini ha ambientato il “Vangelo secondo Matteo”. Tutto ciò è racchiuso tra l’alba sul mar Ionio e i pini loricati della Sila. L’idea di Calabria l’ho capita guardando negli occhi dei Calabresi, la passione e l’attaccamento al territorio d’origine, è inevitabile, perché questo luogo riesce a mantenere pura la sua bellezza a prescindere dalla crudeltà con cui è trattata. E questo te la fa amare, da subito».

Un pregio e un difetto della terra crotonese?

«Un pregio della Calabria e in particolare della costa ionica, a me cara, è l’abbraccio. L’abbraccio del mare e del cielo, del sole che rende i frutti deliziosi, della natura che è più forte dell’uomo e si riprende tutto quello che le viene tolto, e infine l’abbraccio della gente che nasce dal senso di comunità che riesce ancora a conservare. Un difetto che sento in Calabria è l’ingiustizia che vivo come un’assenza che ti fa capire cosa significa vivere in una terra dove lo Stato dovrebbe fare di più».

L.V.

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