(VIDEO) Crotone - “Unite nella tempesta”: il rito collettivo che ha dato voce al dolore e alla rinascita

Un flashmob intenso e simbolico trasforma il centro cittadino in uno spazio di memoria, denuncia e speranza, tra canto, performance e il ricordo delle 79 vittime di femminicidio dell’anno

A cura di Redazione
25 novembre 2025 20:30
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Come un antico threnos, il canto di lamento funebre della Grecia arcaica, ieri sera la città ha fatto sentire la propria voce. In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il flashmob “Unite nella tempesta” ha trasformato via S. Paternostro in un luogo sospeso, dove arte, memoria e impegno civile si sono intrecciati in una testimonianza potente e condivisa.

L’iniziativa, promossa da Kroton Sport&Social, Casa d’Arte, Gerardo Sacco, FIDAPA sezione provinciale e Kroma – Accademia di teatro, cinema e musical, rientra nel programma OFF de “L’Eredità delle Donne”, il festival dedicato all’empowerment femminile che in questa edizione 2025 – dal titolo “IF, Intelligenze Femminili” – esplora il ruolo trasformativo delle donne nell’epoca dell’evoluzione tecnologica e dell’intelligenza artificiale. Un progetto di Elastica, con Gucci e Fondazione CR Firenze come partner fondatori, e la co-promozione del Comune di Firenze.

Sin dalle prime note, il pubblico numeroso accorso si è trovato immerso in un’atmosfera densa, quasi rituale. Dal centro della piazza, avvolto da un silenzio carico d’attesa, è emerso lentamente un coro di trenta donne vestite a lutto. Avanzando con passi misurati, hanno intonato “Figlia della Tempesta”: un canto grave e arcaico, capace di trasformare lo spazio urbano in un luogo di ascolto profondo. Una voce collettiva che ha evocato la memoria di chi non può più parlare e la forza di chi ogni giorno continua a resistere.

Quando le donne hanno chiuso il loro cerchio, al centro sono entrate in scena due coppie – aggressore e vittima – impegnate in una danza ispirata alle tecniche di difesa personale. Una coreografia tesa, attraversata da prese, resistenze e slanci liberatori: un confronto fisico tra paura e coraggio, tra oppressione e dignità riconquistata. Un gesto simbolico che ribalta l’atto di violenza in un’affermazione di autodeterminazione.

A seguire, il silenzio si è fatto ancora più profondo con la lettura di un estratto di “Si mañana no vuelvo, mamá” di Cristina Torres Cáceres, che ha aperto un momento di riflessione collettiva. Durante la serata sono stati anche declamati i nomi delle 79 donne uccise nell’ultimo anno, un elenco doloroso che ha attraversato la piazza come un monito e come un impegno.

“Unite nella tempesta” non è stato solo un evento artistico, ma un atto civile: un richiamo a non distogliere lo sguardo, a non abituarsi mai alla violenza, a rinnovare ogni giorno la responsabilità verso chi è più vulnerabile. E soprattutto a ricordare che la violenza non è un destino. Perché solo unendo voci, corpi e volontà – come ieri sera nel cuore della città – si può immaginare un futuro in cui nessuna voce venga più spenta.

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