25 novembre - Wanda Ferro: «Ogni vita spezzata è una sconfitta per la società»

«Dall’inizio dell’anno, 96 donne hanno perso la vita, di queste 82 uccise in contesti familiari o affettivi e 51 per mano del partner o dell’ex partner». A fornire questi dati allarmanti è il Sottoseg...

A cura di Redazione
25 novembre 2024 19:00
25 novembre - Wanda Ferro: «Ogni vita spezzata è una sconfitta per la società» -
Condividi

«Dall’inizio dell’anno, 96 donne hanno perso la vita, di queste 82 uccise in contesti familiari o affettivi e 51 per mano del partner o dell’ex partner». A fornire questi dati allarmanti è il Sottosegratario all’Interno Wanda Ferro.
«La violenza di genere – sottolinea – rappresenta una piaga sociale che interroga le coscienze di tutti e richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni e della società civile. «Sebbene si registri un lieve calo rispetto al passato – del 9 per cento delle vittime di genere femminile e del 5 per cento degli omicidi familiari – questi numeri restano inaccettabili e richiedono un’azione risoluta e coordinata».

Un fenomeno al quale l’Italia ha risposto con un piano normativo significativo: «Dal Codice Rosso del 2019 alla nuova legge sul Femminicidio voluta dal Governo Meloni e approvata all’unanimità da tutte le forze politiche, le leggi italiane si confermano tra le più avanzate in Europa. Le principali misure introdotte con la legge sul Femminicidio consistono tra l’altro nel rafforzamento dell’ammonimento da parte del questore, nella velocizzazione dei tempi della magistratura anche per l’applicazione delle misure cautelari, la previsione dell’arresto in differita, l’uso del braccialetto elettronico, la possibilità di applicare le misure anche ai “reati spia”. La volontà è quella di intervenire ai primi segnali».

Il Sottosegretario non ha dubbi: «Ad arginare il problema della violenza di genere non bastano le leggi, non basta la repressione, perché le donne continuano a morire di femminicidio nonostante questo importante patrimonio legislativo. La violenza di genere è soprattutto una questione culturale e educativa. Il rispetto per la dignità, la libertà e la vita altrui deve essere insegnato fin dall’infanzia, in famiglia e a scuola, luoghi dove si forma l’identità di ciascun individuo. Tuttavia, è essenziale non cadere in letture ideologiche o fuorvianti. Sono d’accordo sul fatto che il tema del patriarcato non descriva adeguatamente una società dove la quasi totalità degli uomini rispetta le donne, come deve essere, e non sogna nemmeno di usare violenza o atteggiamenti prevaricazione. Credo che il problema sia di segno opposto, figlio di una cultura progressista che ha cancellato i valori e tolto i punti di riferimento, che ha insistito sui diritti e mai sui doveri. Una cultura che trasforma in diritto ogni desiderio, che abitua i giovani ad ottenere tutto senza sacrificio, che non prepara alla competizione e quindi all’insuccesso.

Questo ha prodotto generazioni di giovani pieni di debolezze, fragili emotivamente, che non riescono ad accettare un “no”, che non sanno affrontare le difficoltà della vita e assumersi le responsabilità dei propri insuccessi. Giovani che troppo spesso non riescono a vedere un futuro fuori dalla bolla ossessiva di una relazione. Allo stesso tempo, è fondamentale riflettere sulle conseguenze di una cultura che ha esaltato i diritti, trascurando i doveri, e che ha spesso privato i giovani di strumenti per affrontare frustrazioni e difficoltà. L’incapacità di accettare un rifiuto, il rifiuto della responsabilità e l’ossessione per il possesso dell’altro sono tra le cause profonde di molti episodi di violenza. Siamo consapevoli quindi che non basta inasprire le pene o migliorare il monitoraggio dei colpevoli, per quanto fondamentali siano le misure preventive e i braccialetti elettronici, ne sono attivi 5mila per l’antistalking e soltanto dal mese di ottobre hanno consentito l’arresto di 46 persone. Serve una rivoluzione culturale, che smonti pregiudizi e stereotipi e che renda chiaro che la responsabilità della violenza ricade solo su chi la compie.

E’ un lavoro complesso, che riguarda sia il tema della denuncia, che quello della prevenzione, che quello della certezza della pena. La sicurezza delle donne va garantita con ogni mezzo soprattutto all’interno delle pareti domestiche, un ambito ancora considerato privato e inviolabile e dove è difficile intervenire perché diventa indispensabile la collaborazione di una vittima che è frenata dalla paura o dalla sfiducia nelle istituzioni che dovrebbero tutelarla. Non possiamo dimenticare le donne che non denunciano per paura, sfiducia o dipendenza economica. Abbiamo reso strutturale il reddito di libertà, abbiamo cercato di diffondere il ricorso al microcredito di libertà, abbiamo facilitato l’accesso per le donne che hanno subito violenza al reddito di inclusione: tutti strumenti essenziali per offrire a queste donne un’ancora di salvezza. Ma è soprattutto un ottimo segnale il tasso più alto di sempre di occupazione femminile che si è raggiunto sotto questo governo, la strada più sicura per quell’autonomia economica che consente alle donne di essere davvero libere e di uscire da situazioni di oppressione e di violenza.

È cruciale inoltre non lasciare sole le vittime di violenza domestica, sostenendo anche i figli minori, spesso traumatizzati dalla violenza assistita, e per questo abbiamo aumentato le risorse per i centri antiviolenza e le case rifugio. Infine, va affrontata con decisione la questione degli uomini maltrattanti. Come dimostrano i fatti, la sola punizione non basta: il carcere non sempre rieduca, e spesso la tragedia si consuma proprio al momento della scarcerazione. Serve un sistema che prenda in carico questi uomini, offrendo percorsi di recupero che possano prevenire il ripetersi della violenza. La sfida contro la violenza di genere è complessa e richiede una volontà collettiva di cambiamento. Ma è una sfida che possiamo vincere, investendo nelle prevenzione, nell’educazione, nella formazione degli operatori, nella rapidità e nell’efficienza degli interventi, nel sostegno alle scelte di libertà. Perché ogni vita spezzata è una sconfitta per l’intera società, e non possiamo più permetterci di fallire».

Segui CalabriaOk